
Gli atenei vanno occupati per denunciare le clientele, le parentopoli, gli sprechi, le inefficienze, non per tutelare la casta dei baroni. Questi prof. con il megafono difendono se stessi e le loro fabbriche per….disoccupati.
Dopo il movimento contro il decreto Gelmini, il mondo universitario rimane ancora in fermento per l’annunciato disegno di legge sulla riforma dell’Università che, assicura il governo, si farà in un clima di confronto e di dialogo.
Una riforma necessaria perché il governo vuole abbattere gli enormi sprechi che caratterizzano, ormai, la vita di gran parte degli atenei italiani.
In Italia gli atenei sono 77 e si sono clonati in 360 sedi sparse fra le province decuplicando, di conseguenza, i costi.
L’università di Lecce, trasformandosi in Università del Salento, ha sedi e facoltà anche a Brindisi.
Lo stesso per l’ateneo barese che si è solidamente ramificato a Foggia e a Taranto.
Si espandono le università italiane ma, all’estero, non le conosce nessuno tanto che nelle classifiche internazionali la migliore università italiana compare intorno al duecentesimo posto. Molto più in fondo, ma proprio giù, le università di Lecce e di Bari.
Cosa fanno gli studenti leccesi (e baresi?). Anziché rivendicare una università di qualità, possibilmente con annessi servizi, si schierano dalla parte dei baroni. Prima che i preannunciati tagli incidano sui bilanci delle università, è giusto porre fine agli sprechi. Le stesse, poche, eccellenze presenti all’Università del Salento sono state, fino ad ora, mortificate non da Tremonti, ma da quella pletora di insegnamenti, spesso creati ad arte, che hanno sottratto anche finanziamenti e servizi da destinare ai più meritevoli.
Proprio in questi giorni, televisioni e giornali leccesi riportano che, a conclusione dell’indagine avviata dalla Procura di Lecce, sono 25 le persone indagate per presunti abusi e nell’occhio del ciclone è finita proprio l’Università di Lecce.
Intanto, in queste ore, la Procura della Repubblica di Lecce ha aperto un nuovo filone di indagine sui master post laurea finanziati dalla Regione Puglia. La Guardia di Finanza ha sequestrato la documentazione di duecento “contratti etici giovanili” con il sospetto di gravi irregolarità finanziarie.
Per altri fatti, l’Università di Bari, si è conquistata l’onore delle cronache. In questi giorni è stato pubblicato il libro “Università truccata” di Roberto Perotti. Un intero capitolo è dedicato all’ateneo barese per numerosi episodi di illegalità, nepotismo, corruzione, compravendita di esami. Il saggio è la fotografia impietosa di una catastrofe educativa.
Siamo d’accordo con Marcello Veneziani, occorre rovesciare il 68, per ripristinare il merito, la selezione, la responsabilità, l’efficacia nell’università.
Gli atenei vanno occupati per denunciare le clientele, le parentopoli, gli sprechi, le inefficienze, non per tutelare la casta dei baroni. Questi prof. con il megafono difendono se stessi e le loro fabbriche per….disoccupati.
Roberto Tundo
Componente della direzione nazionale di An
Una riforma necessaria perché il governo vuole abbattere gli enormi sprechi che caratterizzano, ormai, la vita di gran parte degli atenei italiani.
In Italia gli atenei sono 77 e si sono clonati in 360 sedi sparse fra le province decuplicando, di conseguenza, i costi.
L’università di Lecce, trasformandosi in Università del Salento, ha sedi e facoltà anche a Brindisi.
Lo stesso per l’ateneo barese che si è solidamente ramificato a Foggia e a Taranto.
Si espandono le università italiane ma, all’estero, non le conosce nessuno tanto che nelle classifiche internazionali la migliore università italiana compare intorno al duecentesimo posto. Molto più in fondo, ma proprio giù, le università di Lecce e di Bari.
Cosa fanno gli studenti leccesi (e baresi?). Anziché rivendicare una università di qualità, possibilmente con annessi servizi, si schierano dalla parte dei baroni. Prima che i preannunciati tagli incidano sui bilanci delle università, è giusto porre fine agli sprechi. Le stesse, poche, eccellenze presenti all’Università del Salento sono state, fino ad ora, mortificate non da Tremonti, ma da quella pletora di insegnamenti, spesso creati ad arte, che hanno sottratto anche finanziamenti e servizi da destinare ai più meritevoli.
Proprio in questi giorni, televisioni e giornali leccesi riportano che, a conclusione dell’indagine avviata dalla Procura di Lecce, sono 25 le persone indagate per presunti abusi e nell’occhio del ciclone è finita proprio l’Università di Lecce.
Intanto, in queste ore, la Procura della Repubblica di Lecce ha aperto un nuovo filone di indagine sui master post laurea finanziati dalla Regione Puglia. La Guardia di Finanza ha sequestrato la documentazione di duecento “contratti etici giovanili” con il sospetto di gravi irregolarità finanziarie.
Per altri fatti, l’Università di Bari, si è conquistata l’onore delle cronache. In questi giorni è stato pubblicato il libro “Università truccata” di Roberto Perotti. Un intero capitolo è dedicato all’ateneo barese per numerosi episodi di illegalità, nepotismo, corruzione, compravendita di esami. Il saggio è la fotografia impietosa di una catastrofe educativa.
Siamo d’accordo con Marcello Veneziani, occorre rovesciare il 68, per ripristinare il merito, la selezione, la responsabilità, l’efficacia nell’università.
Gli atenei vanno occupati per denunciare le clientele, le parentopoli, gli sprechi, le inefficienze, non per tutelare la casta dei baroni. Questi prof. con il megafono difendono se stessi e le loro fabbriche per….disoccupati.
Roberto Tundo
Componente della direzione nazionale di An







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